Una riflessione sulla scuola

Dal tema “Ci fanno studiare un’infinità di cose e non ci aiutano affatto a comprendere il senso di queste cose; a noi sembra allora che il perché ce le fanno studiare”, lo studente Lorenzo Salvatori della classe V G scrive:

Lo studio, un incubo per alcuni, un piacere per altri e per qualcuno addirittura un’ossessione.

I bambini (la maggior parte) lo odiano, i genitori lo pretendono, qualcuno lo rimpiange.

Se per caso, ci ritrovassimo nel bel mezzo di una di quelle cene tra genitori i cui figli frequentano la 1° elementare, potremmo assistere a due situazioni.

Da una parte i padri, impegnati nei loro grandi discorsi calcistici, mentre “si accapigliano” verbalmente uno contro l’altro per sostenere la squadra del cuore, oppure nel bel mezzo di discorsi politici in cui, tranquilli anche qui ci scapperà “un abbozzo” di litigio! 

Dall’altra parte, le madri in modo sicuramente più fine e signorile, ma altrettanto viscido, saranno impegnate tutte nella stessa conversazione. Tema centrale? “La scuola”.

Eh, beh, questa discussione ha da anni alcuni caratteri principali, la madre che loda il figlio uscendosene con espressioni quali: “Mio figlio sta andando molto bene, già legge in modo fluido, pronuncia bene tutte le parole, scrive con un’ottima calligrafia ordinata e precisa usando correttamente la punteggiatura, e compone pensierini alquanto piacevoli, sembra quasi un piccolo Giovanni Pascoli, lo scrittore dei Promessi Sposi…”. E a questo punto, una madre, mentre sta ancora cercando di deglutire l’abominevole affermazione finale “sparata” da quella signorina tanto sicura di sé, controbatte : “Invece, mio figlio non va poi così bene,  i voti sono quel che sono ed arriva a stento alla sufficienza. ”

E poi, non può mancare lei che con una carica pari a quella di Mike Tyson mentre tira un gancio destro al suo peggior nemico, se ne esce con “Eh, ma non è solo colpa sua sa, sono anche quelle maestre che non sanno fare il proprio lavoro. Ad esempio la Maestra Paola, ha osato dirmi che mio figlio si comporta male! Ma se mio figlio è bravissimo, si comporta sempre benissimo e soprattutto studia in maniera molto approfondita ogni cosa, ma lei pensasse a come fa lezione, quando spiega non si capisce niente! Nell’altra classe già sanno fare correttamente tutta l’analisi grammaticale,  i nostri bambini, con un’ insegnante così quando ci arrivano?”.

Mentre le madri tentano di rispondere a questa domanda, gli anni passano e i  ragazzi,alle medie, davanti ad una lavagna piena di formule matematiche, durante la spiegazione del professore si chiedono:  “Ma a cosa serve questa roba?”.

 Le menti  dei ragazzi tenteranno di rispondere a questa domanda nel corso degli anni scolastici successivi, e la risposta personale, arriverà ad ognuno quando sarà il momento.

Un giorno, la mia risposta è arrivata sotto forma di una parola: “Crescere”. Vedete, durante il corso di questi anni, specialmente  quelli trascorsi nella scuola superiore credo di aver capito una cosa:  la scuola è stata sicuramente una delle esperienze che mi ha fatto più maturare e crescere.

infatti, la scuola oltre ad insegnarci le materie, ci insegna ogni giorno anche cose più importanti,  ci dà un metodo di lavoro, ci mette di fronte alle nostre difficoltà e alle nostre debolezze, ci insegna a saper parlare, ma anche a “saper tacere”.

E mentre io, cerco di dare il massimo, cosciente che quelle cose che sto imparando sicuramente serviranno, davanti a me vedo persone che ancora non si rendono conto di quale  grande fortuna hanno a poter andare a scuola e se ne escono dicendo:  “Ma che rottura! “.

A questo punto mi viene in mente un’affermazione:

“O capitano, Mio capitano!”

Questa è una celebre frase detta a Robin Williams dagli studenti nel grande film “L’attimo fuggente”, l’attore interpreta un professore che la maggior parte del “popolo di massa” definirebbe “particolare”. Quel professore però con le sue lezioni insolite sta cercando di raggiungere l’obiettivo che molti suoi colleghi hanno ormai scordato: far capire ai ragazzi a cosa serve la scuola, far crescere in loro la passione per ciò che studiano, insegnando loro che lo studio permette di “vedere le cose utilizzando un’altra prospettiva”. Beh, secondo me un professore così è ciò che manca alla scuola di oggi: una scuola composta da genitori che non fanno altro che essere in competizione per mostrare che hanno il figlio più bravo di tutti, e professori i cui unici pensieri sono: “spiegare quell’argomento”, “finire il programma” ed “uscire dalla scuola”. Per fortuna però non sono tutti così. Stimo infatti quei professori che nonostante insegnino da parecchi anni, entrano ancora in classe con gli occhi brillanti, carichi di tutta la passione che nutrono per la loro materia, pronti a trasmetterla a quei ragazzi che saranno parte fondamentale del futuro. Apprezzo inoltre chi, oltre a spiegare la propria materia,  ha il coraggio di fermarsi e discutere temi di attualità, e soprattutto di creare parallelismi con gli argomenti studiati, in modo tale da far capire ai ragazzi che quelle materie che si studiano a scuola, che ai loro occhi sembrano astratte e prive di ogni utilità, sono invece molto più vicino alla realtà che ci circonda, più di quanto loro credano.

Io, ho avuto la fortuna di incontrarli, questi professori, e sono convinto che, se tutti fossero così, ed anche i genitori invece di “pensare” a chi ha il figlio più bravo fossero loro più vicini nel periodo degli studi, l’esperienza scolastica sarebbe sicuramente migliore.

Pubblicato il 7 Maggio 2016